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Vasco Pratolini
Vasco Pratolini nacque nel 1913 a Firenze, nel quartiere popolare di via de' Magazzini, da una famiglia operaia, rimanendo orfano della madre a cinque anni nel 1918. La partenza del padre per la guerra lo costrinse a vivere dai nonni, presso i quali restò anche dopo il secondo matrimonio contratto dal padre al rientro dal conflitto; compì gli studi elementari dapprima presso le Scuole pie fiorentine, dalle quali venne espulso per indisciplina, poi nella scuola elementare pubblica U. Peruzzi, in via Magliabechi. Dai dodici ai diciotto anni, dopo la morte del nonno, avvenuta nel maggio 1925, fu costretto ad interrompere gli studi a causa di gravi problemi economici, che lo costrinsero ad esercitare fino al 1931 i mestieri più disparati[1] per sopravvivere: garzone di bottega, venditore ambulante, barista, non trascurando mai il suo grande amore per i libri. Lesse inizialmente Dante e Alessandro Manzoni, poi Jack London, Charles Dickens, Mario Pratesi, Federigo Tozzi, e crebbe in un ambiente letterario fiorentino influenzato dalla rivista Solaria e dai movimenti cattolici francesizzanti.
Si impegnò a fondo nel miglioramento della propria formazione culturale che gli studi irregolari non avevano consentito di coltivare adeguatamente; in questa prospettiva si colloca negli anni 1927-1928 la frequenza di un corso serale di lingua e letteratura francese presso il Circolo filologico, in piazza dei Peruzzi, e proprio a questi anni risalgono le sue prime esperienze di scrittore. Lasciata alla fine del 1929 la casa di via del Corno, dove era andato ad abitare con la nonna nel 1926, si trasferì nell'abitazione del padre, vicina allo studio del pittore Ottone Rosai. L'amicizia con quest'ultimo risultò di fondamentale importanza per Pratolini, che proprio grazie a Rosai compì le prime scoperte letterarie. Inoltre, frequentando lo studio di Rosai, si legò in amicizia con i suoi giovani allievi - quali Bruno Becchi e Renzo Grazzini - e conobbe Aldo Palazzeschi e Romano Bilenchi. Da questo momento Pratolini decise di dedicarsi agli studi e all'attività letteraria. Durante i primi anni trenta iniziò a dedicarsi da autodidatta alla lettura e scrisse i primi racconti; dal 1932 cominciò a collaborare con il settimanale Il Bargello,fondato nel 1929 da Alessandro Pavolini, nel quale pubblicò alcuni racconti, poi in gran parte ristampati, recensioni di libri, film, spettacoli teatrali, mostre di pittura ma soprattutto articoli di carattere politico-culturale.[1]
Nell'aprile 1935, affaticato dal troppo lavoro e della vita sregolata, Pratolini si ammalò di tubercolosi polmonare e fu ricoverato nei sanatori Villa delle Rose e Villa Bellaria di Arco (Trento) e poi in quello di Sondalo, dal quale uscì definitivamente guarito nel 1937. Tornato a Firenze riprese a frequentare Elio Vittorini e Romano Bilenchi. Al caffè Giubbe rosse conobbe Eugenio Montale. Nel 1938, insieme ad Alfonso Gatto ed Enrico Vallecchi, diede vita alla breve, ma eccezionale esperienza di «Campo di Marte», la rivista intorno alla quale si raccolsero le forze più vive dell'ermetismo italiano che, dopo solo un anno di vita, sarà costretta dalla censura fascista a sospendere le pubblicazioni; nel numero di ottobre dello stesso anno della rivista «Letteratura», fondata e diretta da Alessandro Bonsanti, pubblicò Prima vita di Sapienza, poi confluito, in versione accorciata, in Tappeto verde.[1]