Per richiedere un prestito è necessario registrarsi
Margherita Guidacci
Figlia unica, rimase orfana di padre in tenera età. Cresciuta in campagna, in compagnia del poeta Nicola Lisi, suo cugino, risentì in qualche misura dei suoi motivi ispiratori profondamente religiosi, assorbendoli peraltro in una poetica del tutto originale. La sua fanciullezza fu turbata da eventi luttuosi in famiglia. La stessa Guidacci annotò che la propria infanzia e adolescenza fu «rattristata da malattie e morti di persone care». Va anche considerato che i decessi e l'isolamento «non poco incisero sulla sua formazione, favorendo la tendenza all'introspezione». Inoltre, il rapporto intenso con la natura fu uno dei pilastri della sua poetica.
Nel 1943 si laureò in Letteratura italiana all'Università di Firenze, con una tesi su Giuseppe Ungaretti, relatore Giuseppe De Robertis, specializzandosi poi in letteratura inglese ed americana, traducendo fra l'altro le opere di John Donne e le poesie di Emily Dickinson.
Tre anni dopo, fu pubblicata dall'editore Vallecchi La sabbia e l'angelo (1946). Questa raccolta di liriche segnò «il vero e proprio decollo della sua storia poetica» A quest'opera fu conferito, nel 1948, il premio letterario «Le Grazie» di Firenze, ex aequo con l'opera concorrente di Sandro Penna. Seguirono nel tempo altri importanti riconoscimenti, come i premi letterari «Lerici», «Carducci», «Scanno» ed altri, conferiti a varie raccolte della Guidacci, «della quale si è occupata gran parte della nostra critica di primo piano».
Nel 1945 fu nominata ordinaria di latino e greco nei licei statali, dove insegnò per alcuni anni. Negli anni Sessanta precipitò in una crisi psicofisica che la costrinse al ricovero in una clinica neurologica, dove conobbe da vicino la realtà drammatica e angosciosa di molti ricoverati. Questa dolorosa esperienza fu rappresentata nella raccolta Neurosuite (1970): una sorta di «radiografia dell'anima umana, colta tra dimensione cosciente e tensioni dell'inconscio».
Dal 1976 fu docente universitaria di Letteratura anglo-americana a Macerata e, dal 1981, alla Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma. Nel decennio seguente, dopo la morte della madre e quella del marito, intensificò la produzione poetica con varie raccolte, da L'altare di Isenheim (1980) a Il buio e lo splendore (1989). Nel 1990 le venne attribuito il Premio Dessì per la poesia. In queste e nelle altre raccolte poetiche di questo periodo, «l'ispirazione fondamentalmente religiosa della Guidacci perde i primitivi caratteri di esperienza tutta interiore, per acquistare una dimensione umana e una capacità comunicativa più ampie».
Morì a Roma, dopo essere stata colpita, due anni prima, da un ictus cerebrale, che peraltro non le impedì di dare alle stampe la sua ultima opera Anelli del tempo.