Il postulato Quaroni
Editoriale del numero di Limes 9/23, La Cina resta un giallo.
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Editoriale del numero di Limes 9/23, La Cina resta un giallo.
Appendice all’editoriale “Il postulato Quaroni” del numero di Limes 9/23, La Cina resta un giallo.
In Cina aumentano disoccupazione e malessere giovanile, diminuiscono matrimoni e nascite, crescono gli obesi. Pechino ha bisogno di più figli per alimentare il ‘risorgimento della nazione’ e, nello scenario peggiore, fare la guerra all’America per Taiwan.
Il crollo del tasso di fertilità e l’invecchiamento della popolazione minano il ‘risorgimento’ della Repubblica Popolare. America e soci sperimenteranno crisi simili. Le statistiche fallate, l’inefficace modello giapponese e l’ascesa indiana.
Pechino non è ancora in condizione di guidare l’ordine internazionale. Perciò propone a Washington di spartirsi il pianeta. Certo del rifiuto statunitense, Xi appronta nuove iniziative globali e stringe a sé la Russia. Aspettando lo scontro per Taiwan.
Dal mare vengono le grandi minacce, dunque è sull’acqua che occorre difendersi. Le strategie della Marina cinese, in piena transizione. Gli scenari per Taiwan. Pregi e limiti delle portaerei. Puntare alle ‘acque blu’ per beffare la geografia e proiettare deterrenza.
Xi ha imposto un verticismo inedito dai tempi del ‘grande timoniere’. Ma l’accentramento autoritario genera inefficienze, servilismo e autoreferenzialità. Il nodo delle commissioni. I riflessi dell’affare Qin. Il vecchio Bao ammonì: senza il popolo, il capo è un simulacro.
Dotato di immensi poteri, il presidente cinese ha rivoluzionato gli apparati di politica estera per assumerne il diretto controllo. La guerra d’Ucraina danneggia gli interessi della Repubblica Popolare. La tendenza del ‘nuovo Mao’ alla paranoia è pericolosa.
A Pechino tiene banco il dibattito su come superare i problemi strutturali, evitare lo scoppio della bolla immobiliare e rilanciare lo sviluppo. L’insoluto tema del rapporto tra aree urbane e rurali. Urge potenziare domanda interna e programmi di assistenza sociale.
Huawei è ancora la pietra angolare dello scontro tra Stati Uniti e Cina. Le sanzioni di Washington colpiscono la Repubblica Popolare, ma senza affondarla del tutto. Mentre si continua a combattere, il Giappone ritrova la sua centralità nei rapporti di forza tecnologici.
Le ‘nuove vie’ tracciate da Pechino per strappare l’Europa agli Usa e installarsi in Africa stentano, proprio quando più servirebbero. Guerra ucraina, eccesso di prestiti ed errori marchiani riducono l’appeal cinese. Il nodo dell’Aiib. La bomba del mattone.
Con la Global Security Initiative Pechino aspira a rivoluzionare il sistema securitario mondiale. La proposta cinese intende promuovere il multilateralismo, sfidando l’approccio americano. Come la nuova strategia è applicata in Medio Oriente e in Ucraina.
Il Porto Profumato è in transizione. La Legge sulla sicurezza nazionale come àncora a Pechino. Le tensioni sino-americane ostacolano finanza e investimenti esteri, ma la città può diventare il connettore tra Cina e mondo altro dall’Occidente.
Cina e cinesi si autodefiniscono in molti modi, retaggio di secoli in cui ogni dinastia al potere cercava d’imporsi anche ribattezzando il regno. Il confronto con Roma. Il dilemma identitario. Senza ‘il giusto nome’, la proiezione esterna soffre.
L’America resta in vantaggio, ma il suo primato appare incrinato. I fattori strutturali nei rapporti di forza fra le due maggiori potenze. Demografia, debito e bolla immobiliare sono i crucci di Xi. Le divisioni interne e l’ideologia woke minacciano gli Stati Uniti.
Sconfiggere la Russia in Ucraina e germanizzarla. Spezzare l’asse terrestre Mosca-Teheran. Radunare una coalizione lungo il Rimland, specie contro la Cina. Così l’America deve aggredire i propri rivali. Imperativo per l’oggi: evitare una guerra in Asia, perché la perderebbe.
La discordia in America sul ruolo degli Usa nel mondo spalanca praterie per Mosca e Pechino, unite ideologicamente nella rivolta contro le regole americane. Perdere in Ucraina significa rafforzare i cinesi e gli antidemocratici a casa nostra.
A Kiev e Taipei è in ballo la credibilità statunitense. Ma la tensione sulle risorse per l’Asia e per l’Europa esiste. E l’industria bellica non è attrezzata. Le faglie negli apparati. Come cambia lo schieramento nel Pacifico. Una domanda irrisolta: che cosa vogliamo dalla Cina?
Il Giappone ha compiuto una vera e propria svolta strategica. Nella guerra fredda e sotto Abe, provava a divedere Mosca da Pechino. Ora le considera una cosa sola. Giocare sulle rivalità sino-russe non basta. Perché entrambe hanno un nemico comune: l’America.
Le isole nipponiche a ridosso di Taiwan sono presidio armato con cui Stati Uniti e Giappone mirano a contenere la Cina. La presenza di militari americani genera sentimenti contrastanti nella popolazione locale. Ma oggi i giovani stanno cambiando idea.
Il Giappone è preoccupato dal declino americano e teme il mondo ‘multipolare’. La guerra in Ucraina e la sfida per Taiwan impongono una svolta nella strategia di difesa. L’importanza di controllare le isole del Pacifico.
Xi Jinping accelera la penetrazione nelle strategiche acque di casa. Il recente caso dell’isola Triton nel conteso arcipelago delle Paracelso. Le dispute fra Pechino e Taipei si riflettono nei Mari Cinesi, oggetto di rivendicazioni incrociate fra gli Stati costieri.
L’arroganza di Pechino ha spinto Canberra a potenziare le Forze armate e a schierarsi con gli Stati Uniti. Il cambio di governo non cambia la sostanza. La guerra economica cinese ha fallito. È in arrivo un’alleanza a tre con americani e giapponesi.
L’ascesa di Delhi ai vertici del club delle potenze dipende dal controllo delle acque che bagnano il subcontinente. Il divario fra ambizioni e risorse va colmato presto perché il rischio di guerra mondiale incombe. Modi non vuol morire per Taiwan. La lezione di Panikkar.
I vertici politico-militari della Difesa italiana sono impegnati nel contrasto delle iniziative di Mosca in Africa e nel nostro mare. Ci sono in giro più navi russe, ma preoccupano anche le attività del Gruppo Wagner. Perché il Niger è così importante. Il ritorno americano.
Non si possono prevedere gli esiti dello scontro tra Washington e Pechino senza capire chi siano i taiwanesi. Il periodo coloniale giapponese e l’elaborazione di una coscienza collettiva. La finzione della ‘Cina libera’ e le datate ambizioni del Kuomintang.
La strategia taiwanese è plasmata dalla minaccia di un attacco della Cina e dall’appartenenza al campo statunitense. Taipei dovrebbe apprendere dal proprio nemico, prima di combatterlo. Lo sbarco anfibio potrebbe non essere lo scenario peggiore.
Un conflitto armato tra Stati Uniti e Cina per Taipei sarebbe lungo, sanguinoso e mondiale. Se non prende l’isola con le buone, Pechino dovrà tentare l’assalto anfibio più grande della storia. Le opzioni militari cinesi e la risposta della coalizione americana.
La Cina contempla l’uso della forza per riprendersi l’isola, ma non è ancora pronta ad attaccare. Le incursioni nella ‘zona grigia’ non sono semplici provocazioni. Perché l’esercito taiwanese punta (anche) sulla guerra asimmetrica. L’indispensabile ruolo degli Usa.
Gli autori del numero di Limes 9/23, La Cina resta un giallo.
Le carte storiche del numero di Limes 9/23, La Cina resta un giallo.