Continue ondate migratorie aprono scenari a cui non eravamo preparati, e paiono il preludio a esodi di interi popoli. Le aree dove questi sommovimenti si originano hanno tutte qualcosa in comune: il clima che cambia, il deserto che avanza e che sottrae terreno alle colture mettendo in ginocchio le economie locali. Clima e guerre, clima e terrorismo.
È difficile tracciare una precisa concatenazione di cause ed effetti fra il riscaldamento globale e i singoli eventi che ci hanno traumatizzato recentemente, ma una cosa è ormai certa: i clima che cambia contribuisce al disagio e all'aumento della povertà di intere popolazioni, esposte più facilmente ai richiami del terrorismo e del fanatismo. In tutto questo, l'Italia è in prima linea: lo sanno bene a Lampedusa. Per questo un climatologo e un diplomatico - così lontani, così vicini - hanno preso la penna giungendo alle stesse conclusioni: se abbandoniamo i più poveri da soli alle prese col cambiamento climatico, non solo facciamo finta di non capire ciò che ci insegnano la moderna scienza del clima e l'analisi geopolitica - che siamo tutti sulla stessa barca e che i problemi sono interconnessi e hanno una dinamica globale -, ma lasciamo anche crescere un bubbone di conflittualità che prima o poi raggiungerà pure noi; i primi migranti del clima lo sanno bene. Prendere coscienza dei rischi di un clima impazzito può favorire un'operazione di pace, integrazione e giustizia di portata inedita.