Categoria: Narrativa
Editore: Milano: Tascabili Bompiani
Pagine: 243
DOI: L86
Anno: 1982

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Recensione

Scritto da Corrado Palmiero

Nella primavera dell’anno 18... lo Scià di Persia, malato di malinconia e vago desiderio, compie un rapido viaggio di piacere a Vienna. Si incapriccia, a un ballo, di una bellissima nobile; e i servizievoli funzionari della polizia austriaca provvedono a offrirgliela per una notte. Ma scelgono accortamente una controfigura, una giovane donna leggera, che somiglia alla dama del ballo. Lo Scià non si accorge dell’inganno. Tornerà in Persia convinto della sublime raffinatezza dell’arte di amare in Occidente. A partire da questa breve avventura segreta, che potrebbe rimanere sepolta nella memoria dei pochi che ne sono partecipi, si svolge una ragnatela di destini, un perfetto e mortale ricamo, un racconto in cui Joseph Roth, stremato e lucidissimo – questo libro comparve nel 1939, poco dopo la sua morte –, riconduce delicatamente il romanzo alla favola. Ma, e questo è il prodigio della sua arte, senza sovrapporre alla torbida e quotidiana materia romanzesca nulla, appunto, di favoloso: luoghi, fatti e persone appartengono qui, ancora una volta, e inconfondibilmente, alla sua amata Vienna: eppure un nuovo tono, una diversa, quasi impercettibile scansione sembrano animare la vicenda, fissando ogni particolare in quella peculiare ineluttabilità che solo la favola sa dare. Giunto a una maturità chiaroveggente e disperata, il narratore Roth prende qui un’ulteriore distanza dalla storia che narra. Invano cercheremmo in queste pagine quei personaggi mediatamente autobiografici che in altri suoi romanzi erano circondati dall’alone della sensibilità di Roth stesso