Giunta a un punto critico della sua vita, tra l’infelicità del suo matrimonio e la passione per Denys Finch Hatton che la chiudeva in un cerchio magico, Karen Blixen si lanciò in questa divagazione sul «matrimonio moderno» (1924), dedicata al fratello Thomas. Il tema viene preso da lontano, come da un giovane falco che si avvicini alla preda con ampie volute. E a tratti leggiamo queste pagine come un brillante componimento di una fanciulla piena d’ingegno. Ma, prima per brevi avvertimenti, poi con irruenza, l’animus che spingeva allora la Blixen finisce per svelarsi: ed è un animus di violenza e sarcasmo. Raramente il «matrimonio moderno», quello che non può più appellarsi all’imperativo di una stirpe e ormai copre come una «foglia di fico» i rapporti amorosi, tentando di soffocarli fra l’ipocrisia e il «cannibalismo spirituale», raramente questa intuizione è stata attaccata con pari sprezzo, e con una penetrazione così crudele nei suoi tristi segreti. Sepolto per decenni fra le carte del fratello, questo pamphlet venne pubblicato per la prima volta nel 1977. Oggi lo leggiamo non soltanto ammirati per la sua verve devastatrice, ma anche curiosi per quanto indirettamente ci rivela sui sentimenti della Blixen in un momento teso e drammatico, incline alle posizioni estreme. E, dietro al pathos trattenuto di queste pagine, riconosciamo l’immaginazione nordica della Blixen, che le faceva sognare una scena del crepuscolo degli dèi, quando «gli Asi troveranno, tra l’erba della pianura di Ida, i dadi d’oro con cui avevano giocato all’alba dei tempi». Per loro, come per la Blixen, l’immagine della «felicità piena» stava nell’atto del giocare. La furia contro il matrimonio celava il tentativo disperato di ritrovare, per l’uomo e per la donna, i «dadi d’oro» della passione.